Il Marchese Luigi Ridolfi

Articolo Pubblicato sulla rivista Microstoria nel 2004
Testo di Roberto Di Ferdinando

Luigi Ridolfi Vaj da Verrazzano, marchese di Montescudaio (1) , nasce al Galluzzo (Firenze) nel 1895 da Giovanni Battista dei Ridolfi di Piazza, una delle più antiche famiglie nobili fiorentine, imparentata con Lorenzo Il Magnifico, e da Maria Luisa dei principi Ginori Conti.
La formazione umana, culturale e politica del giovane Luigi Ridolfi è influenzata da due esperienze: la frequentazione degli ambienti intellettuali nella Firenze d’inizio Novecento e la partecipazione al primo conflitto mondiale.
Nei caffè letterari fiorentini Luigi entra infatti in contatto con molti artisti e letterati (Soffici, Papini, Boccioni, Severini, Balla e Carrà) e l’incontro con le avanguardie futuriste fa nascere in lui la passione per l’azione, la velocità, lo sport, che lo accompagnerà per tutta la vita.
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, gli oltre due anni di vita in trincea sul Carso, l’eroica condotta nei combattimenti e la solidarietà nata tra commilitoni invece segnano le sue scelte politiche.
Nel dopoguerra l’ostilità sorta in Italia contro i reduci e la diffusa tensione sociale difatti provocano in lui  una grande delusione, tale da spingerlo nel 1921 ad aderire al Fascio di Combattimento di Firenze, nella corrente aristocratica-liberale, contrapposta a quella più popolare ed estremista di Tullio Tamburini e Ottone Rosai. Nel 1926 il regime, per ridurre il potere delle fazioni locali più estremiste, decide di nominare il moderato Ridolfi, Federale di Firenze.
Nonostante l’alta considerazione che Roma nutre per Ridolfi, quest’ultimo, credendo nell’azione positiva del fascismo, non si sottrae, fin dal 1929, di attaccare personalmente il duce per essersi circondato di <<arrivisti (…) e ladri>>. Il suo malcontento più volte lo tenta a dimettersi dalla propria carica, ma sempre si convince che la propria posizione politica, alla fine, possa risultare utile per Firenze. Non si sbagliava. Da quel momento difatti Ridolfi si adopera continuamente per realizzare nuovi ed efficienti impianti, fondamentali per lo sviluppo culturale e sportivo della città. Per esempio la necessità di dotare Firenze di uno spazio adeguato per ospitare un orchestra stabile e manifestazioni operistiche di rilievo internazionale, spinge Ridolfi a far acquistare dal Comune un vecchio teatro, ridotto a magazzino, nell’allora via Vittorio, ed ampliarlo con fondi personali. Nel 1933, inaugurato con la prima rassegna del Maggio Musicale Fiorentino, nasce così il Teatro Comunale, di cui il marchese è presidente fino al 1936.
Contemporaneamente l’attenzione del regime per lo sport, quale ottimo strumento propagandistico, è sfruttata dal marchese per far sorgere a Firenze squadre ed impianti di prestigio.
Abbiamo già accennato alla passione di Ridolfi per lo sport sorta precocemente, quando giovanissimo assiste alle gare del Club Sportivo presso il velodromo delle Cascine. E proprio dal Club Sportivo fa il suo ingresso nell’ambiente sportivo, diventandone prima, nel 1923, direttore tecnico della sezione atletica, portando alle Olimpiadi di Parigi il primo fiorentino, Puccio Pucci, e poi, nel 1927, presidente. Ma Ridolfi ambisce a creare una società di atletica e per questo fonde la sezione atletica del Club Sportivo e quella dell’US Fiorentina ‘Sempre Avanti’ per far nascere la Giglio Rosso. La neonata società eredita dall’Arno Società Sportiva Italiana (ASSI) l’impianto del Piazzale Michelangelo che nel 1930 è ampliato da Ridolfi, su progetto dell’ingegnere Nervi, diventando il centro di eccellenza per l’atletica. I nuovi concetti di programmazione tecnica ed organizzativa introdotti da Ridolfi permettono alla Giglio Rosso di vincere il primo scudetto nel 1931, e di scoprire numerosi talenti, tra cui spicca Arturo Maffei, quarto alle Olimpiadi di Berlino nella gara di salto in lungo vinta da Jesse Owens. Grazie a questi successi Ridolfi è eletto nel 1925 presidente del comitato regionale della FISA, la federazione italiana di atletica (dal 1926 FIDAL), per poi divenire dal 1930 al 1943 presidente della FIDAL e dal 1931 al 1946 membro della IAAF, la federazione internazionale.
La stessa politica adottata per l’atletica Ridolfi l’applica anche al calcio. Il progetto del marchese prevede infatti la fusione delle varie piccole realtà calcistiche presenti negli anni venti a Firenze (ASSI, Itala, Juventus Firenze, Robur, Gea, ecc…), in un’unica e competitiva squadra. Nell’estate del 1926 Ridolfi riesce finalmente a fondere la sezione calcistica del Club Sportivo con la PGF Libertas, per far nascere l’A.C. Fiorentina di cui diventa il primo presidente. La squadra adotta inizialmente la maglia bianco-rossa, sostituita nel 1929-30 da quella viola, il colore del giaggiolo, fiore da sempre presente nella storia di Firenze. Nei primi campionati la Fiorentina gioca presso il campo di via Bellini, ma Ridolfi ritiene opportuno dotare la squadra e la città di uno stadio polifunzionale. Nel 1931-32  nasce così lo Stadio di Campo di Marte, intitolato al martire fascista Giovanni Berta. L’opera, progettata da Nervi, è un capolavoro dell'architettura moderna, caratterizzata dalla sua forma a "D" di duce, e viene a costare oltre 6 milioni di lire garantiti dal patrimonio personale del marchese. Ridolfi sacrifica le proprie disponibilità economiche anche per acquistare i giocatori: Petrone, Pizziolo, Gazzari, Valcareggi, ecc… Rimane alla presidenza della società viola fino al 1942, conquistando nel 1939-40 il primo trofeo, la Coppa Italia, per poi passare a presiedere la FIGC. Ma Ridolfi profonde lo stesso impegno e competenza per altre realtà sportive fiorentine: dal 1938 al 1940 è commissario straordinario della Rari Nantes degli atleti Costoli, Raspini e Goggioli; nel periodo 1926-30 è presidente dei Canottieri Firenze, e poi membro del Comitato del Calcio Fiorentino che nel 1930, per volere di Pavolini, aveva ripreso le sue manifestazioni.
Con l’arresto di Mussolini e l’invasione alleata, Ridolfi si dimette da tutte le cariche, e chiede di essere arruolato. Nel settembre 1943 è destinato a Monopoli nella fanteria dell’esercito italiano e posto in congedo nel 1945, ma solo nel 1946 gli è permesso di rientrare a Firenze, dopo che il suo passato di ex federale è stato vagliato attentamente senza essere sanzionato.  Questo prolungato esilio gli permette di non cadere vittima di vendette, sebbene Ridolfi, quale federale non si fosse macchiato di nessuna efferatezza. Il ritorno a Firenze è comunque amaro avendo perso quasi tutto il proprio patrimonio e non essendogli riconosciuti ufficialmente i meriti passati. Ma Ridolfi non si perde d’animo e grazie alle numerose amicizie  riprende il suo impegno per Firenze. Nel 1947 una sua priorità è creare una scuola di formazione tecnica per gli allenatori di calcio riprendendo l’esperienza del Centro di Preparazione Tecnica, nato nel 1941 e di cui Ridolfi era stato presidente. Sul finire degli anni quaranta il Centro rinasce, presieduto da Ridolfi dal 1951 al 1957. Ma ancora una volta mancano gli ambienti idonei per tale attività. Così la FIGC, su interessamento e indicazioni del marchese, nel 1958 completa il modernissimo Centro Tecnico Federale di Coverciano (oggi intitolato a Ridolfi). Nel 1957 torna alla presidenza della FIDAL in vista dell’organizzazioni dell’Olimpiadi di Roma del 1960, ma il 31 maggio del 1958, nel pieno dei preparativi della manifestazione, muore a Padova di infarto.  Firenze perdeva l’ultimo suo mecenate.
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(1) - A. C. Galluzzo, Il Fiorentino, Società Stampa Sportiva, Roma, 1999

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